Crisi morale e poltica

L'irrazionalità produce frutti fascisti

di Ernesto Paolozzi*

Apertamente e senza ipocrisie, Francesco Nucara pone la questione della crisi morale, politica e psicologica della democrazia italiana in analogia con la crisi che attraversò l’Italia negli anni Venti, l’Italia dell’avvento del fascismo. Lo fa, che io sappia, per la prima volta ed è ciò che rende credibile fino in fondo l’autenticità della sua preoccupazione.

Avverte, naturalmente, che si tratta di pure analogie, che i tempi sono mutati, che il nostro sistema politico e la società italiana hanno un livello di maturità che dovrebbe metterci al riparo da avventure disastrose come quella che ci condusse alla guerra. Nondimeno le analogie esistono. E sono inquietanti.

Prima fra tutte, sottolinea Nucara, il mito del giovanilismo. Per molti anni si è attribuito al Sessantotto, alla rivolta generazionale, la responsabilità del mito giovanilistico. In parte è così. Ma, come già avvisava Raffaello Franchini negli anni Settanta, è proprio con il fascismo che nasce la follia irrazionalistica per la quale la condizione di giovane (ma quando comincia e quando finisce la gioventù?) diventa un valore positivo in sé e per sé, una clava da usare politicamente contro un imprecisato vecchio sistema, un ordine da abbattere, una classe dirigente da rottamare, per dirla con il linguaggio odierno. Ecco la prima pericolosa e inquietante analogia.

Il Sessantotto rappresentò, pur fra i suoi limiti, un movimento generoso quanto ingenuo che auspicava un mutamento morale e culturale in senso creativo del mondo intero, mentre il giovanilismo rottamatore di stampo attivistico e fascista ha una cifra ingenerosa, quasi vendicativa, meschina.

I rottamatori democratici, alla Matteo Renzi (ma non è certo il solo) scuotono l’albero ma i frutti li raccolgono altri. Nel nostro caso Beppe Grillo e il suo movimento dai contorni oscuri, indecifrabili. Vi sono schiere di giornalisti, e alcuni intellettuali, pronti a lisciare il pelo ad un movimento essenzialmente violento (almeno verbalmente), mosso, in definitiva, da sentimenti elementari, vendicativi e narcisisti. Successe con la Lega, come denunciammo, sottovalutata al suo nascere e in seguito ritenuta l’avanguardia della politica italiana dai soliti politologi, sempre gli stessi, che forse dovrebbero essere i soli a meritare, a pieno titolo, la "rottamazione".

Nucara ha fatto, dunque, benissimo a lanciare il sasso nello stagno. Mai abbassare la guardia in momenti storici così incerti sul piano morale e sociale, durante una crisi economica che ha colpito nella carne molti cittadini. Il grillismo, potremmo aggiungere, ha di originale la vocazione narcisistica dei suoi sostenitori che, attraverso internet, si propongono di governare l’Italia, l’Europa e il mondo con le loro proposte improvvisate, inavvedute. Le quali, prese una per volta, possono anche avere un senso ma, messe in relazione con la complessità della storia, della realtà, diventano non solo insostenibili ma pericolose. Il sofisma spesso consiste nel dire solo una parte della verità.

Certo, manca al movimento di Grillo un blocco sociale solido come quello che si creò attorno al fascismo. Dopo le elezioni siciliane i grandi gruppi editoriali, quelli che rappresentano le diverse anime del capitalismo italiano, sembrano aver colto la pericolosità del movimento ed hanno messo in campo un nutrito fuoco di sbarramento. E’ molto probabile che, con l’avvicinarsi delle elezioni, con il ritorno al voto di molti che oggi pensano di astenersi, le percentuali del partito a Cinque stelle si ridurranno drasticamente.

Ma i motivi di preoccupazione sussistono finché non saranno chiari i motivi fondamentali, vorrei dire basici, che alimentano la cosiddetta antipolitica. Sbaglia, a mio avviso, chi pensa che l’antipolitica nasca soltanto per reazione alla cattiva politica. Come sbagliava chi riteneva il leghismo soltanto una esagerazione del federalismo, una sacrosanta richiesta di autonomia espressa in forme brusche e talvolta volgari.

Come a fondamento del leghismo c’era, e c’è, un sostanziale razzismo, vera forza coesiva del movimento, alla base dell’antipolitica vi è un miscuglio di narcisismo protagonistico, invidia sociale, rabbia irrazionale. Così, per dirla con Tocqueville, si preparano tumulti, non rivoluzioni. Le rivoluzioni le hanno preparate e compiute anche i democratici liberali, i tumulti sono opera di forze oscure solo e sempre dannose, soprattutto per i più svantaggiati.

*Docente di Storia della filosofia